venerdì 8 febbraio 2013

Pensando a loro

C. è un'immagine un po' persa tra la foschia e il sud Italia ma i ricordi che lo ospitano sono vivi e densi, mesi  su mesi riempiti da momenti di rabbia, odio, amore e adorazione.
Se trovassi le parole per raccontare la prima volta in cui ci siamo incontrati potrei non finire mai di scrivere, quindi le andrò a cercare con attenzione per vedere di non produrre un esagerato sproloquio senza senso, che di norma è la mia specialità.
Ma lo conoscevo già. Un pomeriggio, mentre su un bus tornavo a casa, ero incappata in un blog controverso scritto tanto bene da nemmeno riuscire a invidiarlo: rapita sfogliavo le sue pagine ridendo o cercando di capire complicati riferimenti e improvvisamente ero arrivata in stazione.
Gli scrissi una mail di apprezzamento: "Bravo - diceva più o meno - chi ti insulta non ascoltarlo perché non capisce niente".
Come se avesse bisogno che glielo dicessi io poi, che sciocca.
Lui, contrariamente a quanto poi mi spiegò faceva di solito, rispose.
- Se non lo fai mai, perché mi hai risposto?
- "Perché"
- Scusami?
- Tu scrivi "Perché" con l'accento giusto.
Era il 2008 ed è stata l'ultima volta in cui mi sono innamorata.



A. mi ha fatta penare così tanto che nemmeno riesco a mettere assieme i pezzi.
L'ho già scritto: nel tempo ho capito che sono capace di disinteressarmi completamente di tutto e tutti però quando succede di incontrare qualcuno che mi accende, perdo completamente il controllo e compare un malsano entusiasmo che non mi appartiene; lui invece è assolutamente imperturbabile sempre, gli serve tempo per lasciarti entrare.
Una tanica di benzina unita a fiamma libera e il diesel di un'auto di tanto tempo fa, che disastro, povero A.
Ma il suo essere muro di gomma mi ha insegnato più di tutti i discorsi del mondo: A. è un esempio, è un amico, è una persona che amo come si ama qualcuno che fa parte di te.
A. non fa pesare niente, non rinfaccia, a volte pare pure che nemmeno ti consideri ma non ha importanza: lui screma e di te tiene solo le parti che tu vuoi dare, che lui preferisce, mentre le altre le osserva e si fa un'opinione tenuta per sé.
Il mio compagno di bevute preferito, per me l'uomo più bello del mondo e il solo pensiero mi trasforma in un petulante Nonna Papera che passerebbe le giornate a tessere le lodi del nipotino con le vicine e nessuno reggerebbe il confronto perché quando A. è felice, lo sono anche io.
Lo avevo conosciuto fuori da un esame una vita di anni fa, nel circolo di persone lui non lo conoscevo dunque ci presentiamo: "Piacere, sai che somigli al cattivo di Heroes?".
Nemmeno mi guarda e a naso in aria si gira e se ne va.
L'ho incontrato di nuovo cinque anni dopo: tornata all'università, una sera esco con una vecchia amica e mentre in ritardo cammino lungo la via dalla quale già distinguevo il bar in angolo dove ci eravamo date appuntamento, vedo che lei parla con lui.
"No - penso - no non quello là".


J. ho quasi paura di rivederla, perché al suo sguardo attento poche cose fuggono.
Ora è in viaggio e tornerà presto.
L'ho conosciuta una sera di un anno fa: festa di compleanno a sorpresa per A., tutti in camera dei due coinquilini aspettando che lui tornasse, per saltare fuori inaspettatamente (esattamente come l'anno prima).
Ora, questi due ragazzi stridevano in modo allucinante a confronto con l'altro: E., bruttino e balbuziente, troppo insicuro, G. alto, magrissimo ed effeminato, molto molesto da bevuto.
Nella loro stanza, appesi alle pareti, foto di donne.
Primi piani.
Nemmeno a spalle scoperte, zero tette, zero culi.
- G., siete veramente così rintronati che non avete capito che non sono queste le parti di donna da appendere in foto al muro?
Non avevo mai parlato con J., mi fissa un momento stranita, ride e dice
- Ehi ehi ehi ma qui c'è del veleno! Dovremmo andare a pranzo insieme.
Nonostante l'avessi già capito che fosse una persona interessante, all'atto pratico è stata J. a scegliermi, perché lei fa così: decide, gestisce, pensa, si aspetta, pretende e dà per scontato, il che con me ha comportato qualche problema ma tra una bottiglia e fiumi di acidità ci siamo trovate e nemmeno lei è una persona a cui vorrei dover rinunciare.
Il meglio lo abbiamo dato fumando erba in balcone.


M. non è fatto per restare.
Forse nemmeno sarebbe comparso insieme a questi tre nella mia testa non fosse che da molto tempo non mi capitava di incontrare qualcuno di interessante. Forse volevo solo sgranchirmi i pensieri, però lo credevo  simpatico e basta, tutt'al più bello e con i belli che sembrano finti non ho mai avuto molto a che spartire.
Non mi aspettavo che scuotesse la mia testa, forse l'ho sempre sottovalutato (cosa che tende a incoraggiare tra l'altro).
"A volte forse ti sopravvaluto, altre volte ti sottovaluto decisamente sai", gli ho detto mesi fa.
Mi ha risposto "Sono contento".
Forse a M. nemmeno penserei più, non fosse che c'è ancora senza mai esserci stato: da che l'ho conosciuto ci siamo visti pochissime volte, a fasi alterne sentiti tanto e pur non volendo nulla di particolare da lui all'inizio, si sono succeduti momenti di assurdità completa in cui perdevo la testa e mi arrabbiavo per cose che non capivo, subendo una sbrodolata di emozioni francamente sproporzionata rispetto alla (scarsa) quantità di rapporto esistente.
D'accordo, non so bene come anche con lui mi ero accesa, la cosa che continuo a non capire è come mai, nei miei momenti di confusione e sproloqui strani, lui mi stesse dietro a ruota.
Anche lui un finto chiaccherone, schivo, le poche cose che so o ipotizzo le ho trovate sparse nei momenti in cui l'ho fatto innervosire e mi ha dato l'impressione di avere addosso troppo peso per volersene portare altro, braccia e spalle occupate di bagagli già pieni.
C'erano cose che avrei voluto dirgli, quasi tutte gentili, ma penso che mi stia passando e che non importi più.






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