mercoledì 30 gennaio 2013

Riguardando la mia via

Visti da qui i miei ricordi di bambina sembrano appartenere a un passato immaginario, popolato da personaggi fantastici.

C'era Il Dottore della Posta: un vecchio assicuratore austero, dal naso aquilino con la vetrina dell'ufficio di fronte a quella della bottega della mia famiglia. Mi lasciava usare le sue macchine da scrivere e aveva un'automobile rossa e alta, tipo mini jeep.
La vetrina di fianco ospitava Elda, con la sua pedicure. Era di mezza età, bionda, curata e mi metteva lo smalto trasparente con fare clandestino, per illudermi giocando di aver audacemente trasgredito: la mia famiglia era inflessibile sul decoro e le bambine non dovevano colorare le unghie o avere le orecchie forate. Quando attraversavo di nuovo la strada verso la mia porta, mia nonna fingeva di essere scandalizzata di fronte alla ribellione, la Rina rideva e continuava a tirare sfoglie.
Avevamo un forno.
C'era Il Papà di Orazio, custode dell'istituito professionale a pochi passi di distanza nel marciapiede di fronte, Orazio era il suo cane, lo portava sempre appresso. Nel cortile dell'edificio cresceva, ogni anno precoce, l'uva fragola. Ce ne regalava qualche cassetta all'inizio di ogni autunno ed era basso, tondino, pelato e con gli occhiali.
Nella mia vecchia via, con un solo senso di marcia e un lato su cui poter parcheggiare, le case sono tutte adiacenti, alcune anonime palazzine, altre abitazioni di prima della guerra con grandi cortili interni, che si sono trovate a dover convivere - immagino con un certo disappunto - con questa robaccia dei decenni successivi.

Nella palazzina di fronte, all'ultimo piano della scala A abitava Ally con i suoi genitori, Fiore e Mare, nel loro caso il nome italiano era la diretta traduzione di quello vietnamita, credo.
Stavo spesso con lei, giocavamo, ci travestivamo con quegli abiti sintetici a balze dai colori pastello che riportava dai suoi viaggi  di visita ai parenti sparsi in giro per l'Italia o in America. Se ho capito bene, i suoi genitori ancora bambini fuggirono dalla guerra del Vietnam, non mi hanno mai parlato di questo.

Al piano di sotto abitava una donna di cui non sono sicura di ricordare il nome, forse Mara, con una madre anzianissima che stava quasi tutto il giorno affacciata alla finestra del bagno.
Una vecchietta esile, dai capelli corti e bianchi che non credo di aver mai sentito parlare.
La sua casa era strana, con tanti gatti a pelo lungo e la stanza di Mara era simile a quelle che si vedevano nei fotoromanzi anni '80: mobili bianchi smaltati, specchi e grandi foto di lei da più giovane. A quel tempo stava avvicinandosi ormai alla quarantina ma sembrava già vivesse di glorie e bellezza del passato. Aveva un caschetto nero e l'espressione arrabbiata.
Ogni tanto regalava a me e a Ally vestiti che non usava più, una volta voleva darmi un gattino ma i miei non mi permisero di accettarlo. Comunque avevamo già un cane: Orso. Il mio Orso.

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